mercoledì 14 settembre 2011

Casa-Museo BOSCHI-DI STEFANO


Casa Museo Boschi-Di Stefano

Via Giorgio Jan, 15
Milano


La Casa Museo Boschi-Di Stefano offre agli amanti dell'arte italiana del '900, la possibilità di ammirare capolavori di artisti contemporanei che i coniugi Boschi-Di Stefano hanno aquistato nel corso della loro vita.
Le sale della casa ospitano una selezione di circa 250 opere, delle oltre 2000, raccolte dai coniugi a partire dagli anni '30, e che hanno formato la grande collezione incrementata nel dopoguerra, e donata al Comune di Milano nel 1974.
Esse rivivono, per volontà di Antonio Boschi, nell'appartamento della palazzina progettata dall'architetto Pieri Portaluppi alla fine degli anni '20, ove ha vissuto insieme a Marieda Di Stefano, ora trasformata in Casa Museo, al fine di consentire a tutti di poter ammirare le opere raccolte con tanta dedizione dalla coppia.
Le dieci sale espositive sono state riallestite con la collaborazione della Fondazione Boschi-Di Stefano, fondata nel 1998, che ha fatto degli aquisti importanti, fra i quali la Sala disegnata da Mario Sironi per la Triennale del 1936, lampadari veneziani degli anni '3o, sedie disegnate da Piero Portaluppi.

La casa museo apre le sue porte ai visitatori, accogliendoli con i ritratti dei coniugi realizzati da artisti come Remo Brindisi, Gianni Dova, Giuseppe Ajmone, e ceramiche realizzate dalla stessa Marieda Di Stefano, che nel corso degli anni studiò scultura con lo scultore Luigi Amigoni e in seguito aprì una scuola di ceramica, tuttora portata avanti dall'amica Migno Amigoni.
Poche le opere degli artisti futuristi, fra cui, Umberto Boccioni, Gino Severini, Gerardo Dottori, Enrico Prampolini.

Nella sala dedicata al "Novecento Italiano" (gruppo fondato da Margherita Sarfatti all'inizio degli anni'20, e ampliato nel corso del decennio), assieme ai lavori di Achille Funi, Piero Marussig, Ubaldo Oppi, Arturo Tosi, si possono ammirare anche paesaggi di Carlo Carrà, nature morte e nudi di Felice Casorati, e una bella Maternità di Mario Tozzi. La sala è arredata con mobili decò prodotti a Palermo dalla ditta Ducrot, nei primi anni '30 e acquistati dalla Fondazione.

La sala successiva è dedicata a opere di Mario Sironi, tra le quali l'affascinate Venere dei porti, appartenente al periodo metafisico dell'artista, passato dalle fila del Futurismo a quelle di "Novecento".
Mario Sironi ha elaborato uno stile personale, drammatico, fatto di tonalità scure e bitumose, con soggetti arcaico-moderni costruiti come architetture viventi ambientati in paesaggi brulli o periferie urbane, e ispirati ai temi propri del cosiddetto "ritorno all'ordine" e dell' ideologia fascista, che esaltava anche il lavoro, la famiglia, la classicità.
Le opere fanno da sfondo alla sala disegnata da Sironi per il vice-direttore della rivista "Il Popolo d'Italia" nel 1936, ora in casa Boschi grazie all'acquisto da parte della Fondazione, e hanno il loro corrispettivo plastico nelle sculture di Arturo Martini, come la Vittoria Alata. La Fondazione ha anche acquistato il lampadario di Giò Ponti, disegnato per la ditta Fontana Arte, fondata dall'architetto insieme a Pietro Chiesa.

Segue la sala dedicata al gruppo "Corrente", fondato da Ernesto Treccani, con opere di Renato Birolli, Giuseppe Migneco, Aligi Sassu, Bruno Cassinari, Renato Guttuso: essi rifiutano le direttive sarfattiane sulla linea pittorico-scultorea di Novecento e l'ideologia fascista, e manifestano tale aspirazione alla libertà ognuno con uno stile proprio che ha, nell'uso del tutto personale del colore, il simbolo dell ribellione contro ogni tipo di dittatura.
Nella sala dedicata a Corrente sono presenti anche lavori di Giorgio Morandi, acquistati direttamente presso l'artista, da parte dei coniugi, e opere di Filippo De Pisis, dalla sua inconfondibile pennellata fatta di immediatezza, istintività e dal caratteristico stile non finito.
Nella vetrina a muro, ceramiche di Lucio Fontana e un crocifisso di Marino Marini, mentre è propria della casa, la radio IMCA anni '30 e il tavolino disegnato da Piero Portaluppi.

Nel soggiorno, ove vi è un bel pianoforte, spesso suonato da Antonio Boschi per i suoi amici artisti, sono collocati i lavori degli "Italiani di Parigi": gli artisti italiani che tra gli anni '20 e gli anni '30, rappresentarono l'arte Italiana a Parigi, come Massimo Campigli, Giorgio De Chirico (il quale, superata la stagione metafisica pura, ne riprende i temi rinnovando l'impegno circa lo studio e l'esercizio accademico sull'arte classica), Alberto Savinio (con i suoi soggetti metafisico-surrealisti, come L'annunciazione), Renato Paresce e Mario Tozzi.
Bellissima e imponente è l'opera di De Chirico realizzata per l'appartamento parigino del gallerista Leonce Rosenberg, rappresentante La scuola dei gladiatori, che fa da sfondo al pianoforte di Antonio Boschi.

Segue la sala dedicata a Lucio Fontana con i lavori che lo hanno reso famoso, come i Concetti Spaziali, caratterizzati da buchi e tagli e subito collezionati dai Boschi.
Lo Spazialismo di Fontana fa proselitismo: infatti aderiscono al movimento Roberto Crippa, Cesare Peverelli, Gianni Dova, dopo aver sperimentato il neocubismo di Picasso. Nella sala dedicata agli spazialisti è possibile il confronto tra le opere degli stessi artisti, appartenenti a periodi diversi: dal periodo "Milano 1947" caratterizzato dall'influenza del cubismo di Guernica di Picasso, all'arte spaziale con: le "spirali" di Crippa, i totem e le forme antinaturalistiche di Dova, gli "insetti" di Cesare Peverelli e l'Arte Nucleare di Sergio D'Angelo e Enrico Baj.

L'ultima sala è dedicata all'Arte Informale: se Lucio Fontana ha posto le basi per l'informale segnico-gestuale, diventando punto di riferimento per artisti concettuali, come Piero Manzoni (del quale i coniugi Boschi hanno acquistato diverse opere, tra cui gli Achrome e Ipronta d'uovo, ora al Museo del '900), altri artisti, particolarmente colpiti dallo stile degli Otages di Fautrier, hanno rifiutato la rappresentazione figurativa e geometrico-astratta del ventennio fascista, per rappresentare le loro emozioni esprimendosi ermeticamente col gesto e con il colore: Alfredo Chighine, Ennio Morlotti, Arturo Carmassi, Giulio Turcato e Salvatore Scarpitta, tra i maggiori rappresentanti dell'informale in collezione Boschi.
La sala è stata arredata con mobili anni'50 disegnati dall'architetto Levi Montalcini, acquistati dalla Fondazione.
Nel corridoio si possono ammirare opere del gruppo lombardo dei Chiaristi, e in vetrina ceramiche di Marieda Di Stefano, di Gianni Dova e Augusto Garau, nonchè una pregevole collezione di violini, di Antonio Boschi.

Antonio Laviano, nella sua visita guidata alla casa museo, con grande passione racconta ai visitatori la storia della collezione, degli artisti e delle tendenze pittoriche, arrichita da aneddoti riferiti da chi ha conosciuto personalmente i coniugi Boschi: per far rivivere, oltre alle opere, lo spirito di chi tanto ebbe a cuore il talento degli artisti. I Boschi-Di Stefano hanno seguito, sostenuto e apprezzato, in anticipo rispetto ai tempi, l'opera di tanti giovani: un pò della loro fama va riconosciuta anche a loro, e la casa, trasformata in museo è, oggi come allora, testimonianza di questa passione vissuta come vera e propria missione.
A.L.

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