mercoledì 30 marzo 2011

Mostra Arcimboldo

ArCimBoLdo




artista milanese tra Leonardo e Caravaggio

10 febbraio-29 maggio 2011 Palazzo Reale, Milano



Palazzo Reale presenta una grande mostra dedicata al pittore Giuseppe Arcimboldo. Lo scopo è di capire come nacquero, nel constesto milanese del secondo '500, le sue teste composte, e per quale motivo esse sono state così importanti da destare la meraviglia e l'apprezzamento degli imperatori asburgici (alla cui corte lavorò tra il 1562 e il 1587, tra Vienna e Praga), nonchè l'elogio da parte di artisti e umanisti contemporanei.


Giuseppe Arcimboldo nasce a Milano nel 1526. Probabilmente fa l'apprendistato presso il padre Biagio, anche lui artista, ma del periodo milanese si hanno poche testimonianze. Da alcuni documenti risulta che disegnò diversi cartoni per le vetrate del duomo di Milano, per un arazzo del duomo di Como, e collaborò con il pittore Giuseppe Lomazzo, detto il Meda, per un affresco nel duomo di Monza. Tuttavia il suo talento doveva già essere noto e apprezzato in ambito locale, anche in qualità di organizzatore di costumi e apparati scenografici per feste e cortei che venivano allestiti in occasione di feste private o pubbliche milanesi, o per l'entrata ufficiale delle personalità più in vista del tempo nella città di Milano.
Milano, tra l'altro, nella seconda metà del '500 era una città molto vivace e ricca, e le sue botteghe di orafi, scultori, armaioli, gioellieri, rifornivano e soddisfacevano le richieste più bizzarre ed estrose delle corti europee e dei collezionisti del periodo: infatti in mostra sono presenti splendidi esemplari di vasi, cristalli, coppe, medaglie, spade e armature da parata e stoffe, che permettono di apprezzare l'abilità di botteghe come quella dei Miseroni, dei Saracchi, dei Negroli, dei Leoni, tanto per citarne alcune delle più rinomate. Questi oggetti dalle forme bizzarre spesso andavano a riempire le Kunst e Wunder Kammer, le camere d'arte e delle meraviglie, ovvero vere e proprie sale dedicate alla passione collezionistica ove l'oggetto più strano, estroso ed elaborato, faceva bella mostra di sè per il godimento estetico del collezionista e lo stupore di chi aveva la possibilità di accedere alle stesse. Tale passione per il bizzarro riguarda anche i lavori di Arcimboldo che, una volta chiamato alla corte Asburgica in qualità di ritrattista delle personalità di corte, nel 1562, ha modo di far apprezzare anche le sue teste composte, già elaborate in ambito milanese. Infatti Milano, dopo la lezione di Leonardo da Vinci, portata avanti dai suoi seguaci come Francesco Melzi, Bernardino Luini, Cesare da Sesto, Ambrogio de Predis, che si attenevano alle direttive del maestro per ciò che concerne la fisiognomica e la struttura dei volti ideali e di quelli fortemente caratterizzati, aveva acquisito la lezione manierista da parte di artisti non milanesi operanti in Milano, come Bernardino Campi e Carlo Urbino, che si rifacevano a modelli prestabiliti costituiti da influssi Michelangioleschi, Raffaelleschi, Pontormiani. Essi sostituivano quella che era stata l'eredità leonardesca innestata sul naturalismo lombardo fino agli anni '30 del '500, con elementi di provenienza esterna, contaminata da rifacimenti pedissequi e poco innvovativi ma di facile applicazione, per esaudire le richieste della committenza.

Tuttavia, teste caricaturali nello stile di Leonardo, continuavano ad esserere presenti e facevano riferimento alla cultura folcloristica e popolare, e spesso venivano utilizzate anche in forma di satira. Esempi sono costituiti dalle caricature di Girolamo Dalla Porta, Aurelio Luini, Ambrogio Brambilla. In particolare, di quest'ultimo, sono presenti in mostra delle incisoni con caricature che venivano vendute durante il periodo di carnavale, periodo in cui era maggiormente sentita la contrapposizione tra il bello ideale e il grottesco, e il comico, e la mascherata carnevalesca ne era una traduzione concreta.

Il carnavale, con le sue maschere e i suoi fantocci costituiti da salumi, ortaggi, dolci, frutta, dava espressione goliardica e ironica alla 'vituperatio', derisione di natura letteraria nei confronti di donne anziane e soggetti particolarmente brutti, che prestavano i loro tratti ai fantocci. Questi poi, nell'ultimo giorno di carnevale venivano smembrati e cominciava la quaresima. Nelle incisioni in mostra sono presenti caricature del Carnevale e della Quaresima, come una sorta di teste composte, che attingono a quelle dell'Arcimboldo.
Le teste composte dell'Arcimboldo, pertanto, affondano le proprie radici nella tradizione folcloristico-popolare, e nella lezione leonardesca delle teste grottesche. Però, nel momento in cui queste sono presentate alla Corte Asburgica, subiscono un cambiamento di significato in chiave simbolica.

Innanzi tutto, in mostra sono presenti tre versioni delle 'Quattro Stagioni'. Dalle prime, datate 1550-1560, probabilmente elaborate in ambito milanese (che costituisco il frutto di assemblaggi di studi naturalistici su soggetti vegetali e animali, di interesse dell'Arcimboldo come di tanti altri artisti 'naturalisti'), si passa alle versioni del 1563 e 1573.
In particolar modo, le versioni del 1563 (provenienti da Vienna), risultano migliorate, ingentilite, rispetto a quelle precedenti, che hanno ancora reminescenze grottesche e caricaturali.

Altro elemento di novità: l'inserimento di simboli Asburgici. Le teste composte, apprezzate dagli imperatori asburgici (Ferdinando I, Massimiliano II, Rodolfo II), vengono utilizzate sia come oggetto collezionistico che come strumento di propaganda dell'immagine politica dell'impero, nonchè come pregevole dono di scambio per favori ricevuti dall'impeartore (es. la testa composta dell'Inverno, 1573, regalata ad Augusto di Sassonia).

Le Quattro Stagioni, poi, vennero esposte a corte affiancate dai 'Quattro Elementi' (Terra, Aria, Fuoco, Acqua), e Arcimboldo fece arrivare a corte un umanista che spiegasse il significato delle stagioni e degli elementi, in relazione all'impero asburgico. Come il ciclo delle stagioni si sussegue in eterno, così in eterno dominerà la corona asburgica. E come la diversità delle specie è ricondotta ad unità nella figura di stagioni ed elementi, così la diversità dei regni assogettati alla corona asburgica, è ricondotta ad unità nella figura dell'imperatore.

Stesso sigificato anche per l'altra opera in mostra rappresentante Vertunno, ovvero il ritratto dell'impartore Rodolfo II rappresentato come la personificazione del dio mitologico della fecondità collegata al rinnovo ciclico delle stagioni. Realizzato dopo il rientro definitivo nel 1587 a Milano da parte di Arcimboldo, esso mostra come l'artista continuasse ad essere apprezzato e richiesto a corte, che nel frattempo era stata trasferita da Vienna a Praga, nel 1583. Il dipinto venne prima esposto a Milano, apprezzato ed elogiato da artisti e umanisti della cerchia del pittore, tra cui Lomazzo, Comanini e Gherardini, e l'Arcimboldo fece accompagnare l'invio del ritratto a Praga da una raccolta di rime e poesie curata dal Gherardini, per spiegarne il significato; il Comanini invece elogiò l'arte dell'Arcimboldo nel suo trattato sulla pittura in forma di dialogo, intitolato Il Figino, e ne ricevette in cambio una delle ultime scoperte di quest'artista: la 'Testa delle quattro stagioni', che assembla gli elementi delle quattro stagioni in un'unica figura, ed è stata esposta per la prima volta al pubblico nel 2007.

La mostra presenta poi una sezione dedicata alle teste bizzarre come 'il Bibliotecaio', 'il Giurista', e le due 'Teste Reversibili', che da un lato rappresentano una comune natura morta, ma capovolte, una testa composta.

Altre sezioni sono dedicate ai disegni di costumi per feste, che Arcimboldo organizzò per la Corte tra gli anni '70 e i primi anni '80, disegni per slitte e fontana, due autoritratti, mentre nella sezione dedicata alle Wunder-kammer e ai disegni naturalistici, si passa dai primi studi naturalistici di Leonardo e Dhurer, su fiori e piante, a quelli dei maggiori artisti di questa categoria (come Giorgio Liberale, Jacopo Ligozzi, Daniel Froeschl), e tra questi vi sono anche disegni di animali di Arcimboldo, appartenenti alla collezione del medico e studioso bolognese Ulisse Aldrovandi: egli riuscì a procurarseli per la sua Wunder-kammer, negli anni '80.
La mostra si chiude con due lavori di artisti che hanno subìto l'influenza di Arcimboldo, come Fede Galizia, pittrice apprezzata dallo stesso e dall'imperatore Rodolfo II, e Ambrogio Figino, con cui la natura morta lombarda comincia ad acquisire un nuovo valore, quale genere autonomo che prelude alla modernità della natura morta caravaggesca. E' esposta anche una 'testa composta' di Francesco Zucchi, artista che ha lavorato in ambito romano e a contatto col Caravaggio dopo il suo trasferimento a Roma: essa lascia intendere come, probabilmente, la formazione del Caravaggio sia passata anche attraverso la conoscenza dell'Arcimboldo, senza dimenticare la lezione Leonardesca, mediata dallo stesso.

Con Antonio Laviano, visita guidata tra 'Teste composte' e oggetti da Wunder-kammer, alla scoperta di questo affascinante pittore che stupì i contemporanei, e continua a stupire ancora oggi, con i suoi bizzarri capolavori.



A. L.

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