"Oltre il mito"
1 Febbraio - 3 Giugno 2018
MUDEC Milano
Dal 1 febbraio al 3 giugno 2018 il
Museo Delle Culture di Milano presenta una interessante mostra dedicata alla
pittrice messicana Frida Kahlo. La mostra, costituita da circa 200
opere fra disegni, fotografie, dipinti su tela (tra i quali 50) del
museo Dolores Olmedo e dalla collezione Jacques e Natasha Gelman
intende ripercorrere la carriera dell'artista attraverso tematiche
legate indissolubilmente alla sua vita, alla sua storia di donna, di
attivista politica, di artista della prima metà del XX secolo.
Si apre con la sala dedicata alla
storia di Frida come Donna artista. In essa sono presenti i lavori di
ricerca di uno stile proprio attraverso disegni, ritratti di amici e
parenti e autoritratti. L'autoritratto è alla base dell'arte di
Frida Kahlo. Attraverso l'autoritratto indaga sé stessa, il mondo
delle sofferenze fiische e interiori, il rapporto complesso con il
compagno Diego Rivera, compagno di vita, nell'arte e nell'impegno
politico.
La seconda sala è dedicata alla
tematica della Terra: Frida è profondamente legata alla sua terra,
il Messico: rivaluta le radici precolombiane alla ricerca di una
identità genuina che adotta anche nel look; realizza nature morte
con piante e frutti tipicamente messicani; recupera miti e divinità
della cosmogonia azteca facendola diventare parte del suo mondo e
componente fondamentale della sua biografia. Tutto ciò le permette
di distinguersi e di creare un personaggio che riporta l'attenzione
verso la sua arte. L'abbigliamento ispirato a quello delle donne
della regione di Teuantepec, i monili di ispirazione azteca e maya,
la riscoperta delle radici indigene e la collezione di reperti
archeologici precolombiani costituirenno elementi che le
permetteranno di creare un percorso stilistico originale e personale,
unico e non confondibile con altri stili o correnti pittoriche.
In questa sala quindi sono presenti una
serie di nature morte che, a partire dagli anni '50, quando per Frida
diventa sempre piu' difficile dipingere, costretta a stare a letto a
causa del peggioramento delle sue condizioni di salute, andranno a
sostituire l'autoritratto (“Noci di cocco in lacrime”, 1951).
Frida studia la cosmogonia azteca
facendosi portatrice di una religiosità laica che attinge però
anche ad elementi della religione cattolica del Messico ispanico. Gli
autoritratti “come Tehuana” (1943), la “Colonna spezzata”
(1944), il “Cervo ferito”( 1945) , “Autoritratto con collana
di spine e colibri” (1940), mischiano elementi e simbologie delle
due culture e delle due religioni, reinterpretate alla luce della
propria esperienza personale di sofferenza, per la salute sempre
cagionevole (oltre trenta operazioni chiururghiche subite nel corso
della vita) e per il rapporto tempestoso con Diego, fatto di liti,
separazioni e due matrimoni (1929 e 1941).
Gli anni '30 e '40 vedono Frida uscire
al di fuori dei confini del Messico, facendo conoscere la propria
arte a New York e Parigi (le due “capitali dell'arte moderna”),
entrare in contatto con i Surrealisti (per poi prenderne subito le
distanze), continuare a combattere per l'affermazione individuale
come donna, contro le convenzioni dell'epoca, assumendo carattere e
atteggiamenti liberi, indipendenti, anticonformisti e per l'epoca
trasgressivi.
Frida però è anche attivista
politica, e il messaggio politico verso la libertà e l'indipendenza
filtra attraverso i suoi lavori: la terza sezione della mostra è
dedicata a questa tematica.
Un video girato a Casa Azul, residenza
della coppia e oggi Museo Frida Kahlo, mostra il rapporto tra Diego e
Frida, che lei considerava il suo “Universo”, il suo “Tutto”,
con costante riferimento nelle sue opere (“Diego nella mia mente”
(1943), “l'Abbraccio d'amore dell'Universo, la Terra (Messico),
Diego, io e senor Xolotl” ( 1949), “Ritratto di Diego Rivera”)
ed è presente anche un disegno di Diego Rivera che ritrae Frida
Kahlo.
Parte di rilievo della mostra è
costituita dalle fotografie che documentano visivamente il percorso
biografico dell'artista, mentre la sezione finale è dedicata alle
ultime opere. Su una toccante pagina del diario Frida disegna i suoi
piedi staccati dal corpo, posti su una base come dei trofei: non le
servono piu' per camminare perchè ha la fantasia per volare.
L'operazione alla spina dorsale non riuscita (che la obbliga a
portare un pesante busto di metallo) nel '46, l'amputazione della
gamba destra (sostituita da una protesi) nel '53, la segnano
fortemente.
Dopo aver presenziato alla sua grande
personale di pittura a Città del Messico, ove si fa trasportare a
letto, che costituisce la sua ultima uscita pubblica e “performance”
finale ante litteram,costantemente depressa viene trovata
morta per embolia polmonare il 13 luglio del 1954, all'età di 47
anni, non escludendosi però il suicidio.
L'ultima sala presenta una
documentazione fotografica del bagno dell'artista in Casa Azul,
interdetto al pubblico di visitatori del museo Frida Kahlo, che
mostra protesi, grucce, busti, stampelle bendaggi e strumenti della
sofferenza vissuta da questa artista sempre pronta a combattere
contro il proprio
avverso destino ( “Maschere (Charma)”, 1944).
avverso destino ( “Maschere (Charma)”, 1944).
Antonio Laviano ripercorre la vicenda
artistica ed esistenziale di questa donna con grande pathos e
coinvolgimento degli spettatori, con una visita guidata avvincente e
di forte impatto emotivo, richiamando con l'abbigliamento lo stile e
il lavori dell'artista messicana, oggi icona indiscussa dei tempi
moderni.
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